Licenziamento per giustificato motivo

Il Jobs Act e prima ancora la Riforma Fornero (legge n. 92/2012) hanno profondamente modificato il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, dettato da motivi economici. Alla base ci sono ragioni di riorganizzazione aziendale che portano a una riduzione del personale (tra le motivazioni applicabili, invece, non rientra la condotta del lavoratore): in ogni caso spetta al giudice verificare che il licenziamento costituisca l’ultima opzione in capo al datore di lavoro, che non ha altre possibilità di reimpiegare il lavoratore.

Contestazione

Il datore di lavoro deve comunicare il licenziamento al lavoratore indicando le ragioni: se questi ritiene che la decisione sia ingiusta può contestarla, impugnandola entro 60 giorni dalla comunicazione, inviando lettera raccomandata anche al datore;, mentre nei successivi 180 giorni (non oltre, pena l’inefficacia dell’impugnazione) dovrà procedere al:

  • deposito ricorso nella Cancelleria del Tribunale del Lavoro competente;
  • richiesta al datore di lavoro di un tentativo di conciliazione presso la Direzione Provinciale del Lavoro o di arbitrato.

Se non accetta, il datore di lavoro potrà presentare ricorso alla Cancelleria entro 60 giorni dal rifiuto; se accetta ma in quella sede non si trova un accordo, potrà presentare ricorso alla Cancelleria entro 60 giorni dal verbale.

Indennità e sanzioni


Quando il licenziamento per motivi economici è dichiarato illegittimo da parte del Giudice scattano le sanzioni in capo al datore di lavoro, sulle quali è intervenuto di recente il Legislatore, con la Riforma del Lavoro Fornero prima e con il Jobs Act in seguito: tale licenziamento comporta il pagamento di un’indennità per il lavoratore pari a due mensilità (dell’ultima retribuzione utile al calcolo del TFR) per ogni anno di servizio (risarcimento mai inferiore a 4 mensilità, né superiore a 24) non soggetta a contribuzione previdenziale. Per il licenziamento economico illegittimo non si potrà più disporre il reintegro sul posto di lavoro.Tali regole si applicano ad aziende che occupano più di 15 dipendenti (se imprenditore agricolo più di 5) in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo e, in ogni caso, fino a 60 dipendenti.Diversamente, l’indennità è ridotta della metà e non può superare le 6 mensilità.

Riforma Fornero – Jobs Act: differenze

L’obbligo di indennità in caso di licenziamento economico prevista dal Jobs Act trova applicazione solo per le nuove assunzioni decorrenti dal 7 marzo 2015. Si distingue allora tra il licenziamento per giustificato motivo oggettivo di:

  • lavoratori prima del 7 marzo 2015 con applicazione della Riforma Fornero (se illegittimo, il lavoratore ha diritto a un risarcimento tra 12 e 24 mensilità; se le ragioni alla base del licenziamento risultano manifestamente infondate, il Giudice può ordinare il reintegro);
  • operai, impiegati o quadri assunti dopo il 7 marzo 2015 con applicazione del Jobs Act (se illegittimo, è prevista indennità pari a 2 mensilità per ogni anno di servizio).

Eccezioni

La disciplina del Jobs Act (quindi indennità e non reintegro) si applica anche ai lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015 nel caso in cui il datore licenzi in conseguenza di assunzioni a tempo indeterminato successive alla stessa data, con cui si vengono a occupare più di 15 dipendenti (5 se imprenditore agricolo) in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo e, in ogni caso fino a 60 dipendenti.

Revoca licenziamento

Per evitare impugnazione e indennità, il datore può procedere alla revoca del licenziamento entro 15 giorni dalla comunicazione della contestazione da parte del lavoratore, offrendogli alternativamente una somma:

  • pari a una mensilità per ogni anno di servizio;
  • tra 2 e 18 mensilità.

Se il lavoratore accetta, il rapporto di lavoro si intende estinto alla data del licenziamento e l’impugnazione decade.

 

Fonte PMI.it

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