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Licenziamento via Whatsapp

Se in un attimo d’ira col tuo dipendente dovessi scrivergli e inviargli un messaggio tramite il cellulare intimandogli di non presentarsi più al lavoro che effetti avrebbe questa comunicazione? Un licenziamento via Whatsapp, con un sms o una comunicazione in chat ha valore legale o deve essere comunque seguito da una formale raccomandata a/r? Siamo abituati a interpretazioni molto rigorose da parte dei giudici quando si parla dei diritti dei dipendenti. A primo acchito saremmo quindi portati a dire che un licenziamento via Whatsapp non è valido. E invece la risposta è di tutt’altro tipo, e a scriverla sono già stati diversi giudici tra cui il tribunale di Catania [1] e, più di recente, la Corte di Appello di Roma [2]. Secondo i giudici siciliani e laziali è valido il licenziamento per sms o messaggio in chat perché, comunque, si tratta di una forma scritta che consente la conoscibilità della comunicazione da parte del destinatario.

Indice

  • 1 Come deve essere il licenziamento?
  • 2 Il messaggio via WhatsApp con il licenziamento deve essere letto
  • 3 Decisiva la stampata della chat
  • 4 Licenziamento via sms

Come deve essere il licenziamento?

In verità la questione non può essere liquidata su due piedi e in poche parole; anche perché quando si parla di licenziamento si cammina sempre in un campo minato, dove sbagliare per un vizio di forma può significare una condanna alla reintegra del dipendente sul posto di lavoro e al pagamento di sostanziosi risarcimenti. Non poche aziende sono fallite a causa di un licenziamento eseguito nel modo sbagliato. Per quanto rigorosa possa essere la giurisprudenza, peraltro, la legge è piuttosto generica e, sebbene dica che il licenziamento deve avvenire per forza in forma scritta, non spiega quale deve essere la modalità di comunicazione. In altre parole non dice se si deve trattare di una lettera a mano, di una raccomandata, di una lettera semplice, ecc. L’importante – è questo il succo della questione – è che il provvedimento preso dall’azienda sia ricevuto e quindi conosciuto dal diretto interessato. Ecco la ragione per cui alcuni giudici hanno ritenuto invalido il licenziamento con email semplice se non vi è la prova del ricevimento, mentre altri lo hanno ritenuto legittimo avendo il dipendente contestato il provvedimento, con ciò dimostrando di esserne venuto a conoscenza. Quindi possiamo dire che anche per il licenziamento via WhatsApp vale la stessa regola: è legittimo se esistono valide e ragionevoli prove del ricevimento del messaggio.

Il messaggio via WhatsApp con il licenziamento deve essere letto

Una cosa è certa: il licenziamento non può mai avvenire oralmente. Dire al dipendente «sei licenziato» come nei film non ha valore e l’azienda è costretta a reintegrare il lavoratore (oltre che a risarcirlo). La legge impone al datore di lavoro di rispettare la forma scritta nella comunicazione del licenziamento, ma non dice con quale strumento tale comunicazione deve avvenire. Quindi, in teoria, potrebbe trattarsi di una raccomandata, di una lettera consegnata a mano (e controfirmata) o di una Pec (posta elettronica certificata). Le altre comunicazioni, a differenza di quelle che abbiamo appena elencato, non consentono la certezza circa la prova del ricevimento. Sicché una lettera semplice non avrebbe valore. E l’sms via WhatsApp? C’è la doppia spunta blu, potrebbe dire qualche maniaco di tecnologia, con ciò ritenendo che tanto basti per dare la prova della lettura dell’sms. Ma un giurista riderebbe davanti a questa ricostruzione. Non così, invece, il tribunale di Catania, secondo cui il licenziamento tramite Whatsapp è idoneo ad assolvere l’onere della forma scritta in considerazione del fatto che si tratta di un documento informatico. Peraltro, se il dipendente impugna il licenziamento davanti al giudice non fa che dimostrare di averlo ricevuto e di aver imputato il messaggio con certezza al datore di lavoro. Quindi il suo diritto di difesa è assicurato.

Come chiarito dalla Cassazione, in tema di forma scritta del licenziamento, il datore di lavoro non ha l’obbligo di adoperare forme sacramentali per la validità dell’atto, ma è sufficiente che la volontà venga comunicata al lavoratore in una forma chiara. Il messaggio col licenziamento via Whatsapp giunge con chiarezza al dipendente e quindi è idoneo ad assolvere ai requisiti della forma scritta.

Decisiva la stampata della chat

Della stessa opinione è la Corte di Appello di Roma secondo cui è legittimo il licenziamentovia WhatsApp o, comunque, comunicato al lavoratore tramite un messaggio sul cellulare in una chat. Anche qui la motivazione usata dai giudici è la stessa di quella adoperata dai magistrati siciliani: la legge impone solo che il recesso dell’azienda dal contratto di lavoro sia comunicato per iscritto. Non rileva dunque il supporto cui il datore affida «la comunicazione» per il dipendente. D’altronde la comunicazione si presume conosciuta nel momento in cui giunge all’indirizzo del destinatario. E per arrivare a questa conclusione – ossia stabilire se effettivamente c’è stata questa conoscenza – il giudice può utilizzare qualsiasi tipo di prova. Non necessariamente quindi la cartolina di ricevimento della raccomandata o l’attestazione della posta elettronica certificata. Basterebbe anche un comportamento concludente del dipendente: si pensi al caso del lavoratore che, dopo aver ricevuto il licenziamento via WhatsApp inoltri indignato il messaggio a tutti i suoi colleghi per contestare la scelta del capo. Ebbene un comportamento del genere denuncerebbe il fatto che l’interessato ha preso visione del messaggino nella chat privata e che quindi la comunicazione di licenziamento è andata a buon fine. In questi casi quindi non si può parlare di un licenziamento orale se tutto dimostra il contrario.

Nel caso di specie il dipendente aveva peraltro stampato la chat e prodotta al giudice. Dalla conversazione dell’app emergeva che il datore mittente aveva espresso la volontà di non ricevere la prestazione lavorativa (aveva scritto: «ci riserviamo noi di contattarti»). Ed è stata la lavotratrice ad ammettere che il messaggio le era stato inviato dall’amministratore della società.

Insomma, anche secondo i giudici di secondo grado della capitale il licenziamento via WhatsApp è valido perché rispetta la forma di legge: legge, infatti, che non usa il termine «notificazione», più tecnico rispetto a «comunicazione», come modalità di trasmissione dell’atto; basta insomma che il destinatario sia informato dell’atto e l’applicazione di messaggistica può essere considerata un luogo che risulta in concreto nella sfera di dominio e controllo del lavoratore, che può conoscerne il contenuto.

Licenziamento via sms

Ultimo precedente che ritiene legittimo il licenziamento via WhatsApp è la Corte di Appello di Firenze [3]. I giudici toscani hanno detto che il licenziamento intimato per sms è munito di forma scritta, qualora non ne sia contestata la provenienza dal mittente. Il licenziamento intimato tramite SMS può essere assimilato, con riferimento allo strumento utilizzato per veicolare la dichiarazione di recesso dal datore di lavoro al lavoratore, al licenziamento intimato tramite telegramma cd. fonodettato (ovvero telegramma dettato attraverso l’apposito servizio telefonico), qualora risulti provata l’effettiva provenienza del messaggio dall’apparente autore della dichiarazione.

note

[1] Trib. Catania, sent. del 27.06.2017.

[2] C. App. Roma, sent. del 23.04.2018.

[3] C. App. Firenze 5 luglio 2016

fonte laleggepertutti.it