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Assunti in Romania ma lavorano in Italia

Operai, muratori, camionisti. Ma anche operatori socio-sanitari, infermieri, persino medici. Trasportano merci, costruiscono case, assistono i malati: solo che a dispetto della nazionalità italiana sono pagati come se avessero il passaporto romeno.

Cioè con meno contributi, tutele monche, e spesso anche stipendio mensile netto più basso. Dopo anni di caporalato degli africani nelle campagne e di schiavismo dei lavoratori dell'Est nei cantieri e sulle autostrade, è questa la nuova frontiera: braccia e cervelli nostrani costretti dalla disoccupazione dilagante ad accettare un pericoloso gioco al ribasso.

 

Un fenomeno che le statistiche ufficiali hanno difficoltà a fotografare, perché si sviluppa sul filo della legalità, giustificato in teoria da un principio fondamentale e nobile dell'Unione europea: la libera circolazione delle persone. Così in quella terra senza diritti già da anni abitata da arabi, africani, bulgari e romeni ora hanno cittadinanza anche gli italiani.

IL TRUCCO

La formula di base è questa: l'azienda prende il lavoratore in somministrazione, ma l'agenzia interinale che lo assume e glielo fornisce ha sede in Romania. E dunque applica quel contratto nazionale di lavoro. Negli anni della grande crisi ci sono imprese italiane che finiscono per mandare a casa i dipendenti e riassumerli proprio attraverso queste agenzie. E ci sono lavoratori costretti, tra il poco e il niente, ad accettare il poco. Il meccanismo era in parte già noto: lo scorso febbraio il Giornale ne ha raccontato i prodromi a proposito di una delle categorie in cui ha preso più piede, quella dei camionisti. Secondo UilTrasporti circa il 30% della forza lavoro (120.000 autisti) è assunta in somministrazione. Spesso con quel trucchetto che garantisce all'azienda un risparmio dal 35 al 50% tra contributi e tasse non versati. Ci perdono i lavoratori, oltre che il Fisco italiano. Purtroppo, però, non succede solo nel settore dell'autotrasporto. La spia sulla vastità di queste pratiche si è accesa tre mesi fa, quando si è scoperto che a Modena circolavano dei volantini di questo tenore: «Riduci i costi con i lavoratori interinali con contratto romeno, telefona immediatamente!», seguita da un numero di cellulare, riconducibile alla Work Support Agency, agenzia interinale con sede a Brasov.

La promessa, nero su bianco, è chiara: niente Inail, Inps, tredicesima e quattordicesima, Tfr, niente anticipo Iva grazie alle fatture comunitarie. Un risparmio calcolato del 40%. Del resto anche il rapporto UnionCamere sull'economia illegale in Emilia Romagna riconosce che è «frequente» l'utilizzo di manovalanza arruolata sottocosto tra disoccupati e precari italiani.

Ma a inquietare è soprattutto quanto notato da Franco Zavatti, dell'ufficio legalità della Camera del lavoro di Modena: «Sul sito della società, poi chiuso per un paio di giorni, c'è un'ampia offerta. Compaiono immagini di meccanici, camionisti, cuochi, e di una donna con il camice: quindi riguarda anche infermieri e medici». Elementi tuttora presenti sul sito, di nuovo online e dove in home page si legge tra l'altro che: «L'attività si svolge ai sensi della legislazione romena, codice del lavoro di Romania e leggi europee vigenti».

L'iscrizione all'albo italiano di un'agenzia di un altro Stato membro infatti non è obbligatoria. È solo un'ulteriore garanzia, ma i lavoratori possono essere somministrati dall'estero anche senza, grazie alle regole del distacco transnazionale. La Camera del lavoro di Modena ha denunciato il caso alla Procura, il sospetto è che in ambito sanitario questo tipo di espediente venga utilizzato in cliniche e poliambulatori privati. E non si può escludere che, almeno per quanto riguarda Oss (operatori socio­sanitari) e infermieri ­ dove l'abbondante presenza di personale dell'Est sottopagato è fatto noto ­ succeda anche nelle aziende sanitarie pubbliche: il blocco del turnover del personale infermieristico infatti ha indotto molti ospedali a non indire più concorsi pubblici, affidando la gestione del personale paramedico a cooperative esterne.

LE AGENZIE SPECIALIZZATE

«Denunce di singoli lavoratori non ne abbiamo perché chi cade in questa trappola difficilmente è disposto a parlare», osserva Zavatti, mentre Andrea Allamprese, dell'ufficio giuridico nazionale della Cgil, conferma che «siamo a un livello pionieristico della conoscenza del fenomeno», proprio per la sua natura sommersa. E individua, come altro settore dove impera, quello dell'edilizia. Nel mondo delle costruzioni coesiste con il vecchio sfruttamento, quello «di lavoratori stranieri che, in base alla normativa europea sul distacco transnazionale, vengono dall'Est a lavorare qui, con orari, paga e assicurazione infortuni di quei Paesi». Di agenzie come la Work Support Agency ne esistono parecchie, e fanno per lo più riferimento genericamente al settore del terziario: dentro ci entra di tutto. Dall'estetista alla cassiera del piccolo supermercato. Figure che non hanno alle spalle un forte sindacato di categoria in grado di schierare strumenti di controllo e tutela. «È inaccettabile che per lo stesso lavoro le persone vengano pagate diversamente ­ commenta Andrea Borghesi, segretario nazionale del Nidil Cgil, il sindacato degli autonomi ­: la Ue ha senso solo se le regole valgono per tutti».

 

Fonte ilgiornale.it