Certificati malattia, regole sul lavoro

Con la Circolare n. 79/2017 l’INPS ha illustrato le novità in tema di lavoro e certificati di malattia,  più in particolare in merito all’obbligo del lavoratore di segnalare a datore di lavoro e Istituto di previdenza l’eventuale riduzione del periodo di prognosi riportato nella certificazione attestante la temporanea incapacità lavorativa per malattia. In pratica, se risulta irreperibile alla visita di controllo perché rientrato prima al lavoro senza averlo segnalato rettificando il certificato medico, risulterà comunque assente e subirà le relative sanzioni.

Certificati telematici obbligatori

Lo stato di temporanea incapacità al lavoro dei dipendenti viene infatti reso noto all’Istituto in tempo reale, grazie al ricorso alla trasmissione telematica della certificazione di malattia, con indubbi vantaggi sia per l’INPS stesso che per i datori di lavoro i quali, a loro volta, possono visualizzare tempestivamente gli attestati di malattia dei propri lavoratori.

Tuttavia, ende noto l’INPS, non sono rari i casi in tutto il territorio nazionale di inadempienza da parte dei medici curanti che rilasciano certificati di malattia cartacei, invece di rispettare l’obbligo di invio telematico, generando disagi per i lavoratori coinvolti, per l’Istituto e per le aziende interessate. L’Istituto ricorda che tale inosservanza costituisce una violazione della normativa vigente, nonché un illecito disciplinare, a meno che non siano causati da evidenti impedimenti tecnici di trasmissione.

Certificati malattia: obblighi del lavoratore

Tra le informazioni di maggiore rilievo, da un punto di vista amministrativo-previdenziale, contenute nel certificato telematico, spicca la data di fine prognosi che, in assenza di ulteriore certificazione, costituisce il termine ultimo ai fini dell’erogazione della prestazione economica di malattia. Una data che il medico stabilisce in via previsionale e che quindi è suscettibile di possibili variazioni sia in termini di prolungamento sia di riduzione. In entrambi i casi la variazione deve essere segnalata all’INPS.

  • Prolungamento: rilascio di uno o più certificati medici di continuazione;
  • Guarigione anticipata: rilascio di rettifica del certificato in corso.

Mentre la prima è una prassi ormai consolidata, la seconda non lo è: l’Istituto evidenzia come non sia raro che, durante la visita medica di controllo domiciliare disposta d’ufficio, il medico INPS venga a conoscenza del fatto che un lavoratore abbia ripreso l’attività lavorativa prima della data di fine prognosi contenuta nel certificato di malattia, senza aver provveduto ad inviare certificato di rettifica, a fronte ovviamente di un datore di lavoro consenziente.

Situazioni frequenti che hanno spinto l’Istituto a fornire alcuni chiarimenti sulla normativa vigente:

  • la rettifica della data di fine prognosi, a fronte di una guarigione anticipata, rappresenta un adempimento obbligatorio da parte del lavoratore, sia nei confronti del datore di lavoro – che senza certificato di rettifica non può consentire al lavoratore la ripresa delle sue normali mansioni (art. 2087 del codice civile) – sia nei confronti dell’INPS;
  • la rettifica deve essere trasmessa prima della ripresa anticipata dell’attività lavorativa;
  • il certificato di rettifica della data di prognosi inizialmente stabilita deve essere rilasciato dal medesimo medico che ha redatto il certificato riportante una prognosi più lunga.

In caso di mancata o tardiva comunicazione della ripresa anticipata dell’attività lavorativa, l’INPS applicherà, nei confronti del lavoratore, le stesse sanzioni previste per i casi di assenza ingiustificata a visita di controllo.

Fonte: INPS.

 

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